Di Andrea Crupi

Dal 17 novembre 2023 al 24 Marzo 2024 a Palazzo della Ragione sarà possibile visitare la mostra di Yayoi Kusama, l’artista più popolare al mondo, secondo un sondaggio condotto dalla prestigiosa rivista The Art Newspaper, che porterà nel cuore della città Fireflies on the Water una delle sue Infinity Mirror Room più iconiche, proveniente dalla collezione del Whitney Museum of American Art di New York.

Ho sentito parlare di Yayoi Kusama per la prima volta quattro anni fa, quando una nostra amica organizzò un laboratorio per bambini basato proprio sui suoi famosi pois.

Quest’estate poi, a Parigi, mi sono imbattuto in una sua statua gigante proprio dietro al Louvre, per pubblicizzare il negozio di Louis Vuitton.

Immagine della statua di Yayoi Kusama a Parigi

Così quando abbiamo saputo che ci sarebbe stata una sua mostra ci siamo assicurati i biglietti e l’1 dicembre eravamo a Palazzo della Ragione.

Immagine dell'ingresso della mostra di Yayoi Kusama a Bergamo

La mostra è interamente dedicata a una delle sue Infinity Mirror Room, proveniente dalla collezione del Whitney Museum of American Art di New York.

Lungo il corridoio di accesso, attraverso vari pannelli, è possibile leggere l’incredibile storia dell’artista, che vi accompagna fino all’ingresso della camera magica.

1929-1945 LA GIOVINEZZA E I DIFFICILI RAPPORTI CON LA FAMIGLIA

Yayoi Kusama nasce il 22 Marzo 1929 a Matsumoto, una cittadina nel centro del Giappone, ultima di quattro fratelli.

Proveniente da una famiglia benestante attiva nella commercializzazione dei semi, Kusama era solita portare con sé il suo album da disegno nell’azienda, dove ritraeva la gemmazione e la fioritura dei semi. Quella del disegno si rivelò una passione che la madre cercò di ostacolare in tutti i modi.

La giovinezza di Kusama fu segnata da continue vessazioni, tra cui l’essere obbligata dalla madre a pedinare il padre, assistendo così ai suoi tradimenti. Queste violenze le provocarono delle reazioni che la sconvolsero per sempre, infondendo in lei un senso di repulsione verso tutto ciò che riguarda la sfera sessuale.

Sin dall’adolescenza Kusama iniziò a soffrire di disagi psichici e allucinazioni che prendevano il sopravvento su di lei e che vengono identificate come un elemento alla base della sua produzione artistica.

“Un giorno, guardando le fantasie di fiori rossi della tovaglia su un tavolo, alzai lo sguardo e vidi lo stesso motivo floreale ricoprire il soffitto, le finestre e le colonne. Vidi l’intera stanza, il mio corpo e tutto l’universo ricoperto di fiori rossi, e in quell’istante mi sentii come se stessi per scomparire, ritrovando il mio posto nel tempo eterno e nello spazio assoluto. Questa non era un’illusione ma realtà”.

 

Un'immagine di Yayoi Kusama nel 1939

Yayoi Kusama, 1939 / Image courtesy: Ota Fine Arts, Tokyo / © Yayoi Kusama, Yayoi Kusama Studio Inc.

1948 – 1954 LA STRADA VERSO L’ARTE

Nonostante la contrarietà della famiglia, Kusama si iscrive alla Kyoto City Senior High School of Art per studiare pittura nel moderno stile Giapponese Nihonga.

Tuttavia in breve tempo Kusama si rese conto delle rigidità di quell’approccio convenzionale e inizio da autodidatta a immergersi nella lettura di riviste d’arte internazionali e d’avanguardia, sperimentando con materiali e tecniche.

Nel 1952 Kusama inizio a esporre le sue opere. La prima mostra fu al First Community Centre nella sua citta natale, Matsumoto. Furono più di 200 le opere presentate in quell’occasione: inchiostri, acquerelli e pastelli, a meta tra raffigurazione e astrazione, gia caratterizzati dai celebri puntini e da temi floreali. Dopo sei mess, Kusama espone oltre 270 opere alla sua seconda mostra personale a Matsumoto.

Seguirono delle mostre a Tokyo e un crescente interesse della critica nazionale, ma Kusama si rende conto che il panorama Giapponese è troppo limitato e in lei inizia a farsi largo il desiderio di trasferirsi in America.

“Per un’arte come la mia – arte che battaglia al confine tra la vita e la morte, che si chiede chi siamo e cosa significa vivere e morire – il Giappone è troppo piccolo, servile, feudale e sprezzante delle donne. La mia arte necessita una libertà infinita e un mondo più ampio”.

Yayoi Kusama, 1952, Untitled

Yayoi Kusama, 1952 / Image courtesy: Moma / © Yayoi Kusama

1955 – 1958 LA LETTERA, IL TRASFERIMENTO IN AMERICA E GLI INFINITY NET PAINTING

Tra le artiste più ammirate, un posto particolare riserva alla pittrice americana Georgia O’Keeffe, tanto the nel 1955 Kusama decise di scriverle una lettera in cui le chiedeva un parere sulle sue opere e le esprimeva il desiderio di lavorare negli Stati Uniti.

Dapprima O’Keeffe si dimostro perplessa, ma in seguito capì e incoraggiò it desiderio di Kusama. Dopo una mostra a Seattle, nel Giugno del 1958, Yayoi Kusama arriva a New York.

Il trasferimento di Kusama in America segui quello, nella stessa decade, di altri artisti e intellettuali giapponesi come Yoko Ono e On Kawara, anch’essi frustrati dalle restrizioni del periodo post-bellico in Giappone.

La serie di opere più identificativa di questo primo periodo americano è quella degli “Infinity Net Paintings”, enormi dipinti, lunghi anche dieci metri, basati sulla ripetizione “infinita” di una forma in un singolo colore su uno sfondo di contrasto.

Yayoi Kusama nel suo studio di New York

Kusama in her New York studio, c.1958–59 / Image courtesy: Ota Fine Arts, Tokyo / © Yayoi Kusama, Yayoi Kusama Studio Inc.

Yayoi Kusama, No. F

Yayoi Kusama, No. F, 1959 / Image courtesy: Moma / © Yayoi Kusama

1965 LA PRIMA INFINITY ROOM

Kusama inizia a esplorare la dimensione scultorea, attraverso la Sex Obsession Series e la Food Obsession Series, lavori che affrontano il tema centrale della paura verso la sfera sessuale e la repulsione verso il sovraconsumo di cibo nell’America del dopoguerra. Da queste opere caratterizzate dall’accumulo e ripetizione, l’artista approda ben presto alla dimensione installativa e ambientale.

Nel novembre del 1965 la mostra Floor Show alla Castellane Gallery presenta la prima Infinity Mirror Room — Phalli’s Field. L’opera è un passo ulteriore nella ricerca dell’artista e incorpora le principali tematiche sviluppate negli anni precedenti, quelle di infinito, self-obliteration e accumulo.

“Uso i miei complessi e paure come soggetto. Sono terrorizzata solo all’idea di pensare a qualcosa di lungo e brutto come un fallo entrare dentro di me, e questo è il motivo per cui ne realizzo così tanti.

Il pensiero di mangiare continuamente qualcosa come i maccheroni, sputati da un macchinario, mi riempie di paura e repulsione, quindi faccio sculture di maccheroni. Li produco e continuo a produrli finché seppellisco me stessa in questo processo. Io chiamo questa pratica “obliterazione””.

Yayoi Kusama, Infinity Mirror Room Phalli's Field

Yayoi Kusama - Infinity Mirror Room Phalli’s Field - Castellane Gallery, New York, 1965

Kusama with Macaroni Girl

Kusama with Macaroni Girl. Dressing Table and Infinity Net Painting, ca. 1964 © Yayoi Kusama Courtesy of Ota Fine Arts, Tokyo/Singapore, Victoria Miro Gallery, London, David Zwirner, New York

1966 LUCIO FONTANA, IL SOGGIORNO IN ITALIA E LA BIENNALE DI VENEZIA DA “CLANDESTINA”

Yayoi Kusama soggiornò in Italia, più precisamente a Milano, sul finire del 1965 e l’inizio del 1966.

Il suo alloggio era lo studio di Lucio Fontana, suo grande sostenitore, tanto da supportare la produzione dell’opera Narcissus Garden, presentata clandestinamente e senza invito nel giugno del 1966 ai Giardini durante la XXXIII edizione della Biennale di Venezia.

L’opera consisteva in 1500 sfere specchianti, messe provocatoriamente in vendita a 1.200 lire, con un cartello che recitava: “Your narcissism for sale” / “Il tuo narcisismo in vendita”.

Le sfere riflettevano l’osservatore e l’ambiente, creando l’illusione di una realtà moltiplicata e infinita.

“Le mie 1500 sfere riflettono l’erba verde del giardino, esprimendo simbolicamente l’unione dell’uomo con la natura. Le gente di ferma come ipnotizzata da quei 1500 riflessi del sole nel cielo e nell’ambiente circostante in movimento.

Nelle biglie i riflessi riflettono i riflessi. Vedere l’immagine del proprio viso moltiplicata all’infinito colpisce la sensibilità di quelli che si fermano a guardare: è come se essi intuissero che non vi sono limiti alla capacità dell’uomo di proiettare sé stesso nello spazio.”

Yayoi Kusama, Narcissus Garden, 1966, Biennale di Venezia

Yayoi Kusama – Narcissus Garden, 1966, Venice Biennale / Image courtesy: Ota Fine Arts, Tokyo / © Yayoi Kusama, Yayoi Kusama Studio Inc.

1967-1977 IL SUCCESSO, IL RITORNO IN GIAPPONE E IL RICOVERO VOLONTARIO

La fine degli anni ’60 fu un periodo di grande popolarità per Kusama: la sua pratica artistica si tradusse in alcune audaci e provocanti performance, che sconvolsero la critica americana.

Kusama era riuscita nell’impresa di avere successo nel panorama americano e internazionale dell’arte, riconoscimento che per un’artista donna proveniente dal Giappone era un’impresa assolutamente straordinaria.

In questi anni l’artista apri anche una boutique di vestiti in cui vendeva le sue creazioni con l’etichetta Kusama Fashion Institute.

Negli anni seguenti però il cambio del clima culturale e politico abbassò le luci dei riflettori su Kusama, la quale iniziò a sentire incerto il futuro nella sua terra adottiva.

Kusama tornò a Tokyo nel 1973, Il ritorno in patria fu molto difficile, le allucinazioni, così come gli attacchi d’ansia, tornarono insistentemente e nel 1977 Kusama entrò volontariamente nell’ospedale psichiatrico Seiwa Hospital di Tokyo, dove tutt’ora risiede.

“Io, Kusama, sono la moderna Alice nel Paese delle Meraviglie. Come Alice che attraversava lo specchio, io, Kusama (ho vissuto per anni nella mia famosa stanza costruita interamente ricoperta di specchi) ho aperto un mondo di fantasia e libertà. Anche tu puoi unirti alla mia avventurosa danza della vita”.

Yayoi Kusama, Mirror Performance

Yayoi Kusama with Harry Shunk, János Kender Mirror Performance, New York, 1968 / © 2023 Yayoi Kusama. Photograph: Shunk-Kender © J. Paul Getty Trust. The Getty Research Institute, Los Angeles

Yayoi Kusama, Mirror Performance

Yayoi Kusama with Harry Shunk, János Kender Mirror Performance, New York, 1968 / © 2023 Yayoi Kusama. Photograph: Shunk-Kender © J. Paul Getty Trust. The Getty Research Institute, Los Angeles

1980-1993 GLI ANNI 80 E LA BIENNALE DI VENEZIA, LA RISCOPERTA CRITICA E IL SUCCESSO MONDIALE

L’ambiente protetto dell’ospedale, dove inizialmente installò anche il suo studio, assicurò all’artista un periodo di costante e fertile produzione.

Nel 1989 il Center for International Arts di New York presentò la sua prima retrospettiva. Questa mostra fu fondamentale per reintrodurre la ricerca artistica di Kusama negli Stati Uniti e dare il via a una riscoperta critica del suo lavoro.

Nel 1993, ventisette anni dopo Narcissus Garden, Akira Tatehata, commissario del padiglione giapponese per la Biennale, propose, per la prima volta nella storia, che il padiglione venisse affidato a un solo artista e la scelta ricadde su Kusama.

La mostra includeva suoi lavori a partire dagli anni Sessanta, ma per l’occasione l’artista creò uno spazio completamente rivestito di colore giallo, dal pavimento al soffitto, sul quale si stagliava un motivo a pois neri. Al centro dello spazio venne posizionato un cubo specchiante con uno spioncino. Attraverso la piccola finestra lo spettatore poteva contemplare quello che sembrava essere una distesa infinita di zucche.

“Le zucche mi sono state di grande conforto fin dall’infanzia; mi parlano della gioia di vivere. Sono umili e divertenti allo stesso tempo, e le ho celebrate e sempre le celebrerò nella mia arte”.

Yayoi Kusama, 45th Biennale di Venezia, Japanese Pavillion, Mirror Room (Pumpkin) / © 1993 by Heimo Aga

Yayoi Kusama, Mirror room (pumpkin), Louisiana Museum

Yayoi Kusama, Mirror room (pumpkin) 2016 , Louisiana Museum / photo by Kim Hansen / courtesy of the louisiana museum of modern art

2000 UN MONDO INFINITO

Dalla Biennale di Venezia in poi, in particolare nel nuovo millennio, le Infinity Mirror Room sono diventate uno degli aspetti centrali della ricerca artistica di Kusama, insieme ai lavori pittori e scultorei.

Nel corso dei decenni questi ambienti immersivi hanno maturato significati sempre più stratificati: incorporando sempre il concetto si self-obliterarion, le Infinity Mirror Room più recenti possono essere interpretate come un gesto d’amore dell’artista, un modo intimo per confrontarsi con se stessi e dissolvere la propria presenza in un universo sereno e infinito.

Sono opere capaci di racchiudere il significato intimo e misterioso del percorso artistico di Kusama, di rendere presente, qui e ora, un infinito che l’artista ha materializzato in tutta la sua vita.

Le Infinity Mirror Room abbracciano e dissolvono il visitatore in uno spazio illimitato, senza cima né fondo, inizio né fine; sono un invito ad abbandonarsie ritrovare il senso di sé.

 

Ma torniamo a noi!

Aspettando che venisse il mio turno ho letto e mi sono appassionato alla storia di Kusama. Adesso è il momento di entrare.

Sono un pò emozionato, ho la macchina fotografica pronta e solo un minuto a disposizione per poter vivere questa esperienza e sperare di fare una foto decente.

È solo un minuto, dura davvero poco, ma vale decisamente la pena!

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