Roberto Innocenti – L’ultimo rifugio per chi ha perso la strada

Di Eva Canola

E’ notte fonda quando una Renault targata Firenze si ferma alla porta di un albergo sulla costa.

L’auto ha scelto quella stradina buia da sola, e sull’auto è seduto un uomo che si è messo in viaggio perché ha perso ciò che ha di più importante.

Inizia così “L’ultima spiaggia”, libro del 2002 di J. Patrick Lewis e Roberto Innocenti. Il protagonista è un artista che ha perso la sua ispirazione, e cosa gli rimane, se non andare a cercarla?

All’arrivo, l’artista viene accolto da un pappagallo parlante molto bene educato, un vero maggiordomo, e il mattino dopo getta un’occhiata curiosa alla varia clientela dell’albergo.

E’ il silenzio, e la curiosità dell’artista “che ha perduto il cervello”, che regna in queste scene. L’artista, dimentico del significato nascosto della realtà, si guarda attorno, e non sa immaginare, perché non ricorda più come farlo, l’identità della delicata ragazza in bianco, né del marinaio zoppo che la notte va scavando di furia nella sabbia delle dune, per cercare qualcosa (cosa?).

Ognuno dei personaggi vive nell’atmosfera rarefatta dell’albergo, in cerca del “chissàchecosa” che ha perduto.

Le immagini di Roberto Innocenti, ricche di dettagli apparentemente piazzati lì per caso, raccontano e ampliano il racconto di J. Patrick Lewis, un racconto dai toni quieti, ma pieni di stupore, che tocca chiunque abbia provato a cimentarsi in un’arte, e ad un certo punto si sia arenato in una secca.

Innocenti ha cinquantadue anni quando questo libro viene pubblicato. Che sia toccato anche a lui, come a tutti, ad un certo punto, trovarsi senza più niente da dire?

Roberto Innocenti

Roberto Innocenti ha iniziato a dipingere per passione. Come altri artisti e illustratori della sua generazione, ha iniziato da autodidatta, facendo tutt’altro, per poi trovarsi a dare vita a personaggi animati, per trovare finalmente la strada dell’illustrazione. Il suo primo libro arriva nel 1979, ma è l’incontro con l’illustratore Etienne Delessert che lo induce a cimentarsi nelle illustrazioni di Cenerentola. La Cenerentola di Innocenti ha un’insolita ambientazione anni Venti, dove vediamo la protagonista vivere con le sorellastre in una casa sorta insieme a tante altre, tutte in fila, con la rivoluzione industriale.

Gli elementi della produzione di Innocenti sono già ben definiti. L’attenzione ai dettagli quotidiani (i cocchieri che dormicchiano, i topi che gozzovigliano nel cortile del castello), l’architettura plausibile, realistica ma non iperrealista, le prospettive spericolate, e soprattutto un velo di amarezza sul finale (non ve lo dico, così potete andare a curiosare di persona); un’amarezza e un disincanto quasi ironico che continua a tornare in tutti i suoi libri. Perchè parliamo sì di fiabe, ma nelle fiabe leggiamo in trasparenza la realtà.

Roberto Innocenti - Cenerentola

Roberto Innocenti - Cenerentola

Dall’altro capo della sua storia, quella più recente, c’è un’altra fiaba classica, quella di Cappuccetto Rosso, dove la piccola protagonista si muove in un bosco che è in realtà il caos cittadino, pieno di tentazioni e di lati oscuri, e “Il bosco” è in realtà un opulento centro commerciale, dove c’è tutto e il contrario di tutto, ed è facile perdere la strada. Nel libro, chi racconta la storia non è una nonna in carne ed ossa, ma un ologramma, che racconta entrambe le versioni, quella a lieto fine dei fratelli Grimm e quella più pessimista Perrault; al lettore la scelta del finale che preferisce.

Anche in quest’opera c’è una cura maniacale per il dettaglio parlante. La città labirinto in cui la ragazzina si perde è piena e vacua allo stesso tempo. Le insegne dei locali, dei negozi e dei fast food sono versioni alterate, ma riconoscibilissime, dei giganti del consumismo, reinventate in un inglese immaginario. Cappuccetto Rosso si muove in una realtà insidiosa, che ha perso la grazia, satura di meraviglia artificiale.

Roberto Innocenti - Cappuccetto Rosso nella giungla urbana

Roberto Innocenti - Cappuccetto Rosso nella giungla urbana

Tra i due capi della sua produzione troviamo molti libri illustrati di fiabe classiche e racconti noti (Pinocchio, Un Canto di Natale) e alcuni racconti. Tra queste, “La casa del tempo” scritto da Roberto Piumini è la storia di una casa di pietre sull’Appennino Tosco-emiliano e della vita che la abita fino ai giorni nostri; “La storia di Erika”, del 2003, che con “Rosa Bianca” uscito per la prima volta nel 1985, affrontano la durezza del tema della guerra (la Seconda guerra mondiale) e della Shoah, con uno sguardo affettuoso ma tutt’altro che consolatorio sulle giovani protagoniste.

Roberto Innocenti è stato, tra le altre cose, uno dei primissimi illustratori a trattare il tema della Shoah in un libro destinato ai ragazzi. In “Roberto Innocenti. L’arte di inventare i libri”, lo stesso autore racconta dell’estremo rispetto che ha usato nell’approccio alla documentazione fotografica e all’attenzione, quasi il pudore, nei confronti delle vittime, la volontà consapevole di evitare la commozione facile, lo “spettacolo”.

“Non me la sono sentita, per una forma di rispetto, di disegnare le facce delle vittime […] non si possono fare sceneggiate su questi temi. […] Ho affidato la drammaticità di questa storia agli oggetti, dovevano urlare”. (Innocenti 2014, ripreso da Giorgio Bacci, “Roberto Innocenti. L’arte di inventare i libri”)

Innocenti prende il suo lavoro (e i suoi lettori) molto sul serio. Nel senso che i suoi libri illustrati sembrano tradizionalmente destinati ai bambini, ma non c’è leziosità, né volontà di addolcire la realtà. I suoi protagonisti vivono in un mondo variegato e complesso, che può essere anche duro. I “suoi” bambini, d’altronde, sono coraggiosi: attraversano la giungla cittadina, o rischiano la vita per portare cibo a chi sta lentamente morendo di fame, senza eroismi, semplicemente obbedendo a un buonsenso smarrito dagli adulti.

Roberto Innocenti - Rosa Bianca

Roberto Innocenti - Rosa Bianca

In realtà, Innocenti non ha lavorato solo a libri per ragazzi. Come racconta lui stesso, è stato “adottato dall’estero”, illustrando racconti in vari paesi europei, soprattutto in Germania, racconti destinati ad un pubblico molto più ampio.

In “Roberto Innocenti da capo a piedi” viene detto di lui, da Walter Fochesato, “è prima di tutto un narratore”. Nelle sue scene così ricche di dettagli, Innocenti sceglie di “sottolineare i vuoti della storia per riempire questi spazi con annotazioni che sembrano marginali, ma preparano il terreno ad altre situazioni”.

L’attenzione, quasi l’affetto per la realtà vissuta, con i suoi mattoni sbrecciati e i suoi momenti, diremmo oggi, così poco instagrammabili, mescolata con l’atmosfera sospesa del racconto, è la voce irripetibile di Innocenti.

Roberto Innocenti - Ritrovamenti Inaspettati

Roberto Innocenti - Ritrovamenti Inaspettati

Forse, ad un certo punto, Innocenti ha davvero perso la voce (anche se dalle sue opere non si direbbe). Si sarà davvero messo in viaggio?

E’ qui che il nostro artista, che ha iniziato a presentarsi arrivando con la sua macchinina alla misteriosa locanda sul mare, deve arrivare. Ce la farà? Lasciandosi condurre dalla curiosità e dallo stupore, forse riuscirà a chiamare per nome la sua scintilla perduta. Per saperlo, non ci rimane che chiedergli un passaggio sulla Renault scassata, e accompagnarlo per un pezzetto di strada.

Articoli correlati