The novel of nature

Da sabato 26 giugno 2021

MOSTRA FOTOGRAFICA DI MICHELA TAEGGI

Ingresso libero

Il progetto di Michela Taeggi giunge con il suo arrivo in Val Seriana, a pochi chilometri
dall’abitato di Clusone. Lei, nata a Varese e abituata alla vita di Milano, si ritrova sui pendii delle Alpi Orobie. A quel punto, lontana dalla città che corre, decide, per vincere il disorientamento, di ritrovare quella familiarità conosciuta da bambina e che, negli anni, era svanita. Questa volta la chiave di accesso al tessuto connettivo e vitale del mondo naturale sarà la fotografia. Il medium fotografico, inteso come strumento capace di ridurre la distanza, la aiuterà nella ricerca del senso di appartenenza, ristabilendo un contatto più diretto e meno artificioso. Tutto è teso al ritrovamento del sé dentro un nuovo mondo.


«È un ritorno alle origini della vita libera, spinta dal desiderio di bellezza e dal
rispetto dell’ambiente naturale» Michela Taeggi


I protagonisti della narrazione esprimono visivamente quelle sensazioni sinestetiche ed
evocative che affollano la mente di chi accetta e accoglie il contatto, l’incontro. Di chi
s’immerge in un ambiente senza alcun pregiudizio, disposto a sperimentare. A essere
colte sono le espressioni di una dimensione interiore, di un sentire che, complice la natura,
è riflessione, presa di coscienza, momento d’invenzione e di confronto. Quando il privato e
il personale oltrepassano i confini della selva, inoltrandosi in un cammino che ammette
finzione e realtà, ma anche conflitto e riconciliazione, il terreno della disputa diviene uno
spazio scenico, un luogo di co-progettazione e di spettacolo.


«Attori senza nome ci accompagnano in questo viaggio lungo un anno
dove la natura si offre con generosità per farsi riscoprire in tutta la sua
essenzialità, scatenando sensazioni molteplici nell’animo umano» Michela
Taeggi


Nel precipitare nella condizione dell’ascolto, nell’assecondare le risonanze della passione,
nel recupero di una modalità introspettiva, nel cogliere il proprio essere al mondo, a offrirsi
è un percorso che si dispiega lungo la superficie del libro, pagina dopo pagina, grazie a un
processo di rinnovo – è il patto con la natura a essere aggiornato –. L’avventura dell’uomo
è nel farsi interprete, affrontando l’ignoto, al fine di giungere a un’energia-forma-immagine
che offra di sé un itinerario dell’anima sviluppato attraverso stagioni psicologiche oltre che
temporali; e mai definitive.
«L’intenzione è di ripercorre le stagioni con i suoi equinozi che oramai non
segnano più il passaggio da un clima all’altro. Le stagioni scandiscono stati
d’animo differenti che regalano suggestioni e sentimenti» Michela Taeggi
Si ricercano i dettagli, i segni anche più trascurabili, per ricondursi a una messa in scena
che è partecipazione e rintracciare quel dialogo quasi svanito. La fotografia sopraggiunge,
allora, come umile ancella nel recupero di un equilibrio nella relazione io-tu e di un
complicato rapporto uomo-natura-cultura.


«Il vento freddo serpeggia tra gli alberi spogli. Tutt’intorno silenzio, se non
il ligneo scricchiolio persistente delle alte cime ondeggianti degli alberi. Il
pensiero vacilla e ci troviamo soli su un antico veliero che lentamente si
dirige verso Nord» Michela Taeggi


Ogni immagine mostra un approdo momentaneo. Uno stadio. Per non dimenticare. Per non
essere dimenticati. Grazie a questi segni fotografici è possibile ricomporre una
costellazione e intravedere un orizzonte di senso. In questo cammino bio-fotografico,
Michela Taeggi lascia scoprire di sé quella trama riservata e profonda che percorre i
sentieri dell’anima. Sono scatti fotografici, ma sono, anzitutto, tratti autobiografici. Ogni
immagine è un affollarsi di volti e di sentimenti, di ricordi e di affetti. È un continuo darsi
(al mondo) e un prendersi (dal mondo). È un susseguirsi di emozioni ambivalenti che
mutano incontro dopo incontro. Ansia e attesa. Sgomento e frenesia. Una forza vitale si
avverte.


«La luce si affievolisce e il bosco scompare dietro ombre sempre più scure.
L’inverno avanza e con lui il nostro senso di solitudine. Dobbiamo
proteggerci dal freddo incombente. L’equinozio autunnale segna un
passaggio. Veli bianchi ci garantiscono protezione per il nostro lungo
sonno invernale» Michela Taeggi


In gioco è il concetto di vita e una prospettiva che non accetta la chiusura, la fuga.
L’imbrigliamento e la censura. C’è, invece, una necessità diversa che ha a che fare con il
nutrirsi.


«Una figura nera si staglia sul candore della prima neve. L’inverno è giunto.
È la stagione della morte apparente. Il ghiaccio avanza sulla roccia dei
ruscelli, la neve si posa sul muschio degli alberi e noi restiamo lì, immobili,
a occhi chiusi a sentire il freddo sulla pelle. Fa male. Con determinazione
stringiamo i pugni e aspettiamo, il sole tornerà a scaldarci nuovamente.
Cerchiamo calore e conforto. Immaginiamo il disco rosso del sole fra gli
alberi e tra il ghiaccio. L’inverno stimola l’immaginazione. La morte come
pece nera si porta via tutto. Restano solo cattedrali di ghiaccio. Ma, per
noi tutti, l’inverno è anche il tempo della riflessione e dei nuovi propositi.
Un periodo sospeso tra passato e futuro. Solo leggere tracce sulla neve ci
ricordano chi siamo. Eppure qualcosa sta cambiando. Abbiamo bisogno di
luce, di un nuovo vigore. Ora siamo pronti a un nuovo cambiamento e con
noi la natura attorno. Il vento del Nord lascia la sua preda, immobile ma
vitale. Il ghiaccio si ritira e scivola a valle. Inizia a scorrere nuova energia.
Dal cielo una pioggia di polline si posa a terra per regalare nuova vita.
Lasciamo il nostro riparo invernale. Il sole ci abbaglia e riscalda il nostro
animo. Ancora una volta la natura ci regala lo stupore di una nuova
nascita» Michela Taeggi


Nessuno, tra queste immagini, coglie la dimensione della sopraffazione. La perdita,
quand’essa compare, non comporta un azzeramento. C’è un lascito che va custodito. C’è
un’assenza-presenza che va salvaguardata. Seppure dolorosa, la vita si costruisce
nell’incontro-scontro con il mondo e con il fluire burrascoso e bizzarro degli eventi. Qui,
con la fotografia, il ricercato protagonista della storia è l’essere umano.


Giovanni Pelloso