Storia dell'autoritratto

Raffaella Ferrari ci porterà nel mondo dell’autoritratto in fotografia.

Nella storia della fotografia l’autoritratto ha sempre avuto un ruolo di primo piano, al punto che molti fotografi ne hanno fatto un vero e proprio carattere distintivo.

Il 18 ottobre 1840 viene scattato il primo autoritratto della storia della fotografia. Hippolyte Bayard si ritrae come un annegato, un inventore spinto al suicidio dalla generale indifferenza riservata sua tecnica fotografica di positivo diretto.

Il XX secolo è stato quello in cui l’autoritratto ha toccato il suo massimo splendore, probabilmente spinto dal Surrealismo e dalla ricerca delle altre avenaguardie, al punto che alcuni lavori sono stati riconosciuti come vere e proprie opere d’arte.

Herbert Bayer, André Kertész, Florence Henri, Dieter Appelt, Cindy Sherman, Francesca Woodman, John Caplans e tanti altri sono stati autori di un genere a cui è stato universalmente riconosciuta, non senza fatica, la dignità artistica.

“Innanzi tutto mentre l’autoritratto è un genere pittorico (e fotografico ndr) tutt’altro che spontaneo, il selfie è praticato da milioni di dilettanti della fotografia, senza alcuna intenzione tecnica, formale o stilistica. Se l’autoritratto richiede totale consapevolezza, il selfie è invece un modo espressivo lasciato al caso e all’improvvisazione. La seconda grande differenza è che il selfie ha a che fare con il compiacimento estetico e autoreferenziale, con uno stato d’animo o fisico momentaneo, e rappresenta insomma un’affermazione narcisistica della vanità. L’autoritratto, invece, è un lento lavoro di scavo nella propria personalità e spesso sostituisce la firma del proprio lavoro e del proprio status di artista come borghese e intellettuale, in lotta per il riconoscimento sociale in un mondo che per molti secoli ha confinato l’artista fra i lavoratori manuali. Il suo valore è dunque sociale e politico e non semplicemente un divertissement come nel caso del selfie. Altra differenza: mentre il selfie è rivolto a tutti, compresi gli sconosciuti che possono inciampare nella foto postata su Internet, l’autoritratto è rivolto soprattutto a se stessi. Nel proprio volto ossessivamente dipinto Rembrandt registrava l’accumularsi degli anni come in un libro dei conti in sospeso e allo stesso modo Van Gogh cercava di conoscere e imbrigliare il proprio disagio mentale nella tela”. Francesca Bonazzoli (Corriera della Sera, 14/5/2014).

Immagine di Raffaella Ferrari

Raffaella Ferrari

Laureata in storia della fotografia, ex editor di Grazie Neri, ha diretto Shots Gallery di Bergamo.
È curatrice di diverse mostre di importanti autori italiani. Giornalista per carta stampata e tv insegna Storia dell’arte, Storia della Fotografia e Visual Art alla Ferrari Fashion School di Milano.

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